"Siamo legati ai film come ai nostri migliori sogni". Leo Longanesi

mercoledì 2 novembre 2011

L' ALBA DEL PIANETA DELLE SCIMMIE (di R. Waytt, 2011)


Negli anni '70 Oliver divenne una star internazionale. La sua foto era su tutti i giornali dell'epoca. Ma Oliver non era un divo del cinema o una rockstar, ma uno scimpanzé o più precisamente un esemplare (unico) di scimpanz-uomo. La scimmia infatti presentava caratteristiche più simili all'uomo che a quelle dei suoi fratelli primati, tanto che fu ritenuto da molti il famoso “anello mancante”. Per anni Oliver visse con una coppia di coniugi americani rivelando sorprendenti atteggiamenti umani, come camminare eretto, spingere una carriola od oziare sul divano.
Pare che l'attore Andy Serkis (interprete, sotto mentite spoglie, del Gollum e di King Kong targati Peter Jackson) si sia ispirato proprio ad Oliver per portare sullo schermo lo scimpanzé Cesare, protagonista de “L'alba del pianeta delle scimmie”.
Diretto da Rupert Waytt, il film si propone di rilanciare un filone iniziato nel 1968 e continuato negli anni '70. “Il pianeta delle Scimmie” film cult con Charlton Heston e tratto dal romanzo di Piere Boulle, diede il via ad una serie di sequel tra i più numerosi della storia del cinema, terminata con il poco pregevole film di Tim Burton del 2001.
In un mondo (il nostro) dove gli animali sono ancora utilizzati come cavie, uno scienziato (interpretato da James Franco) tenta di scoprire una cura per l'Alzheimer. Testato sugli scimpanzé, uno dei sieri sembra essere la giusta cura. Ma l'effetto che avrà sui primati, sarà del tutto inaspettato. Le scimmie dimostreranno infatti intelligenza e capacità cognitive eccezionali. E una di loro, Cesare, consapevole delle sue capacità, guiderà la rivolta dei suoi simili contro chi li ha privati della libertà. Questo quindi ciò che darà il via alla nostra estinzione e alla conquista della Terra da parte delle scimmie.
Ormai, sempre più spesso, il cinema di fantascienza ci mostra come la ricerca scientifica e l'obbiettivo di sconfiggere le più terribili malattie dei nostri tempi ci porterà presto o tardi alla rovina. Negli anni '60 il nucleare era il nemico numero uno; ora è la ricerca contro il cancro. “L'alba del Pianeta delle Scimmie” riprende quindi un filone molto caro agli amanti della fantascienza, attualizzandolo nei contenuti e avvalendosi delle tecniche più avanzate.
Ciò che rende infatti interessante questo film non è l'ambientazione o la trama (piuttosto prevedibile), ma l'uso (sempre più diffuso) della “motion capture” ( o “mocap”). Per chi non la conoscesse si tratta di un tecnica (utilizzata anche in altri ambiti, come quello medico) che permette di “catturare” letteralmente movimenti ed espressioni di un attore. Elaborati al computer poi, questi dati daranno vita ad un personaggio “animato” dai movimenti perfettamente realistici. La tecnica si avvale di tute speciali e microtelecamere indossate dall'attore per tutto il tempo della recitazione. La cosa non è alquanto facile a tal punto che il già citato Andy Serkis, specialista ormai in questo campo, ha aperto una scuola per insegnarne i trucchi ai nuovi “attori-animatori” degli anni 2000. Inaugurata con il Gollum della saga de “Il Signore degli Anelli”, la tecnica ha raggiunto livelli notevoli con “Avatar” di James Cameron. Nel nostro film la motion capture ha permesso di dare a Cesare quelle espressioni e quello sguardo di consapevolezza che gli permetterà di dominare il nostro mondo. Le parti più toccanti infatti del film ci sono regalati da questa scimmia, “figlia” del computer ma con gli “occhi vivi”, umani (e verdi) di Andy Serkis.



A parere di chi scrive però, nessuna tecnica può eguagliare la scena finale del film con Charlton Heston. Un pianeta sconosciuto. Una spiaggia. Un uomo, disperato, si scaglia contro la sua stessa razza. Di fronte a lui, ciò che resta di una statua (della Libertà!), simbolo di una civiltà perduta. Il colpo alla stomaco è incomparabile. Riscopritelo!



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