"Siamo legati ai film come ai nostri migliori sogni". Leo Longanesi

martedì 21 febbraio 2012

HUGO CABRET (di M. Scorsese, 2012)


Magia e meraviglia. A questo ambiva Georges Meliès. E grazie alla “straordinaria invenzione” dei Fratelli Lumière, il sogno divenne possibile.
Pioniere degli effetti speciali e padre dei film di fantascienza, Meliès stupì il mondo “animando l'inanimato” e comprendendo per primo le potenzialità del montaggio. Ex prestigiatore noto in teatro, egli portò la magia al cinema trasformando un' intuizione (che per gli stessi creatori non avrebbe avuto futuro) nella più grande forma di intrattenimento del XX secolo.
Quella magia rivive oggi nell'ultima fatica di Martin Scorsese. Tratto dal romanzo del 2007, La Straordinaria invenzione di Hugo Cabret (quasi una graphic-novel), il film racconta la storia del piccolo Hugo, un orfanello di dickensiana memoria che vive nascosto nella Stazione Montparnasse di Parigi. Dotato di una forte manualità, Hugo si occupa degli orologi della stazione, continuando così il mestiere di famiglia. Unico ricordo del suo passato un misterioso automa che il padre, poco prima di morire, tentava di riparare. Convinto che quella strana macchina racchiuda un messaggio proprio dello stesso padre, Hugo vivrà un'avventura straordinaria dove si imbatterà nel grande Meliès ( un burbero Ben Kingsley), uomo triste e misterioso che gli cambierà la vita per sempre, facendogli finalmente comprendere la sua funzione nel grande “meccanismo” del mondo.
Dopo una lunga carriera incentrata sul portare sulla schermo la violenza della strada, Martin Scorsese si concede una pausa mettendosi al servizio della sua stessa passione,. Quasi come un tenero nonno (identificabile nel film nello stesso Meliès), fa scoprire il cinema delle origini ai suoi piccoli protagonisti. In particolare alla giovane Isabelle (interpretata da Chloe Moretz, incredibile Hit Girl in Kick Ass), ragazzina amante dei libri d'avventura, che non ha mai visto una pellicola. La meraviglia provata dai primi spettatori rivive in Isabelle ma sopratutto, con l'uso del 3D, Scorsese tenta di farcela rivivere oggi. Per la prima volta l'uso della “terza dimensione” acquisisce finalmente senso diventando funzionale al racconto. Il 3D è prepotentemente presente in ogni inquadratura ( non solo in qualche sequenza, come spesso è successo in alcuni lavori riconvertiti in post-produzione) e acquisisce un forte valore simbolico soprattutto nella ricostruzione delle opere di Georges Meliès. Suggestivo infatti l'effetto “acquario” per la scena con le sirene e il tritone; efficace il grande drago sputa-fuoco dalle narici fumanti.
Siamo davvero ad una svolta per il cinema con gli occhiali elettronici? Alcuni lo ritengono ancora una moda passeggera; altri invece credono che siamo all'inizio di una rivoluzione. Solo il tempo ci dirà chi ha ragione. Ma il tempo è tiranno e con Meliès fu addirittura spietato. Il suo cinema, come un effimero fenomeno da baraccone, venne presto dimenticato. Lo spettatore, ormai abituato ai trucchi dell'ex mago divenuto per caso regista, non provava più lo stupore delle prime visioni. Il geniale cineasta e attore fu costretto così a ritirarsi. Aprì con la moglie (attrice nei suoi film) un negozio di giocattoli alla stazione parigina Montparnasse dove rimase fino al giorno in cui, grazie ad uno studioso di cinema, venne riscoperto e finalmente celebrato.
Sarà questo il destino anche del 3D? Ai posteri l'ardua sentenza. Personalmente ritengo che sia stata imboccata la strada giusta. Un uso più consapevole della tecnica può solo arricchire una pellicola che punta alla spettacolarità. Purché essa sia dotata di senso.
Da grande mestierante qual'è, Scorsese ha trasformato un racconto per ragazzi (ma anche per adulti) nel suo personale omaggio al cinema delle origini utilizzando però le tecniche più moderne. Come a dire che stupore e meraviglia sono da sempre le basi del cinema fantastico, oggi come ieri. E come ieri, anche oggi c'è bisogno di magia.

Oscar's news: Il film di Scorsese ha ottenuto 11 nomination tra cui miglior film, regia (ha già ottenuto il Golden Globe) , sceneggiatura non originale, fotografia e scenografia (quest'ultima realizzata dai nostri Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo). Per il cineasta di origini italiane sarebbe (solo!) il secondo oscar della carriera. Il primo gli è stato assegnato nel 2006 per la regia del bellissimo The Departed.
Si prevede un testa a testa con il fenomeno "muto" The Artist (10 nomination). Per sapere come andrà a finire, appuntamento a domenica 26 Febbraio!

Guarda il trailerhttp://www.youtube.com/watch?v=n-diOfyOBJk


mercoledì 1 febbraio 2012

J.EDGAR ( di C. Eastwood, 2012)



John Edgar Hoover fu a capo dell' FBI ininterrottamente per 48 anni. Sue le idee di un archivio per le impronte digitali e la nascita di laboratori scientifici legati all'agenzia.
Se per molti fu un eroe nazionale, altri lo accusarono di violazione dei diritti civili e di indagini illecite. Famosa la sua lotta al comunismo, le cui indagini coinvolsero anche Charlie Chaplin e Martin Luther King. Spietata la sua caccia ai gangster che portò alla cattura di John Dillinger, il nemico pubblico numero uno. Alcuni lo ritengono anche il principale responsabile delle violenze contro le comunità afroamericane, in particolare contro il movimento delle Pantere Nere.
Quali siano state le sue responsabilità ed implicazioni nelle indagini sui più importanti fatti di cronaca statunitensi (compreso l'omicidio Kennedy), al regista Clint Eastwood poco importa. Ciò che a lui interessa, nella sua ultima opera, è Hoover l'uomo. Anzi, J. Edgar, come amava firmarsi egli stesso. Il film ne ripercorre infatti la vita, dai suoi primi passi nel mondo investigativo, sino alla sua morte nel 1972 avvenuta per attacco cardiaco. La storia americana è vista attraverso gli occhi di un uomo determinato, capace di rivoluzionare il metodo investigativo ma senza metterlo in pratica in prima persona. Non mise lui le manette al rapitore e omicida del piccolo Lindbergh, non fu la sua mano ad uccidere Dillinger, ma conosceva i più intimi particolari della vita di presidenti, senatori, politici. Il film lo ritrae spesso in una stanza buia ad ascoltare,quasi in maniera morbosa, le intercettazioni di uomini importanti in compagnia delle loro più torbide fantasie. Hoover visse “le vite degli altri” perché non ne aveva una propria. Fu un uomo solo (non si sposò mai), richiuso nel suo ufficio dal quale, sotto la sua finestra, vide passare la storia americana.
Cresciuto da una madre autoritaria che non permetteva alcuna debolezza, (tentò di corregerne la piscologica balbuzie), Hoover cercò sempre di nascondere il su vero essere di fronte agli altri. Da questo ne derivò la sua ossessione per il controllo e l'ordine. La sua vita di uomo solitario e segregato alimentarono i “rumors” sulla sua presunta omosessualità. Il regista dà credito a queste voci narrando il rapporto intenso e doloroso tra Hoover e il suo collaboratore, Clyde Tolson, l'uomo che gli restò accanto per tutta la vita.
Clint Eastwood si dimostra ancora una volta un regista capace di penetrare l'animo umano restituendoci un personaggio complicato, sofferente, a tratti commovente. Ma i limiti di questo film sono purtroppo evidenti. La trama si snoda in continui flashback che si aggrovigliano su sé stessi. Il racconto ne risente parecchio, appesantito anche dall'estrema lunghezza dell'opera. Piuttosto grottesco l'uso del trucco per invecchiare i personaggi. Se su Di Caprio il lavoro è stato comunque accurato, quello del suo vice Tolson è davvero imbarazzante. Nell'epoca del digitale e della motion capture la scelta di pesanti "mascheroni" appare quasi anacronistica. 
Peccato infine per gli attori. Doveva essere l'occasione per Di Caprio di vincere il tanto agognato Oscar, ma il film di Eastwood non ha ottenuto alcuna nomination. Se Judi Dench, interprete della madre del protagonista, è sempre una garanzia, la brava Naomi Watts rimane sullo sfondo, nonostante incarni uno dei personaggi tra i più affascinanti : Helen Gandy, segretaria sin dalla prima ora di Hoover e custode dei segreti più oscuri del Bureau.
Eastwood, a mio parere, rimane comunque uno dei registi più capaci e interessanti degli ultimi anni. Per riscoprirlo vi consiglio tre titoli: Mystic River (un film amaro ma indimenticabile), Changeling (con un'inedita Angelina Jolie) e Gran Torino (protagonista lo stesso Eastwood, più burbero che mai.). Per gli amanti dei gangster-movie vi rimando invece a Nemico Pubblico (2009), di Michael Mann sulla cattura di John Dillinger ( un Johnny Depp mai così bravo, che oggi tanto ci manca!). Infine vi segnalo due titoli per apprezzare la bravura (ormai palese!) di Leonardo Di Caprio: The Aviator (incentrato sulla vita di un altro controverso personaggio "born in the USA", Howard Hughes) e The Departed, entrambi di Martin Scorsese. Buona visione!