"Siamo legati ai film come ai nostri migliori sogni". Leo Longanesi

mercoledì 24 ottobre 2012

COGAN-KILLING THEM SOFTLY (di A.Dominik, 2012)


New Orleans, 2008. Mentre Obama e McCain, in piena campagna presidenziale, dibattono sulla crisi economica in atto, due scapestrati delinquentelli rapinano alcuni malavitosi durante una partita a poker. L’idea del mandante ( sopranominato “Lo Scoiattolo”) e quella di far ricadere la colpa sul gestore della bisca Markie Trattman, già sospettato di avere “ripulito” una precedente partita. Per recuperare il malloppo e punire i responsabili la mafia assolda Jackie Cogan, sicario cinico e spietato, con un suo “codice” molto personale.
Il succo del racconto si può riassumere in poche parole: la crisi economica colpisce anche la criminalità organizzata. E dal momento che in America anche un criminale è "solo", la ricerca del denaro giustifica ogni azione. Anche quella più ignobile.
Questo concetto è espresso nel monologo finale (che include anche un’invettiva a Thomas Jefferson) di Brad Pitt, perfetto nei ruvidi panni del misterioso killer professionista.
Era dai tempi di Fight Club che Pitt non pronunciava frasi dal sapore “cult” ( Bastardi senza gloria a parte). Parole chiare e fredde, che rimangono impresse e che danno una degna chiusura ad un film che per stile e regia ha fatto storcere il naso a più di qualcuno.
Andrew Dominik, al suo terzo lungometraggio, conferma la sua passione per il ralenti e per il gusto di dilatare al massimo sequenze e dialoghi. Caratteristiche già apprezzate ne L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford, film con il quale il regista neozelandese riscrisse il genere western rendendolo più freddo e crepuscolare.
Ora con Cogan-Killing them softly,  reinventa allo stesso modo il gangster movie, adattando il romanzo Cogan’s Trade di George V. Higgins. L’azione dagli anni ’70 viene riportata ai giorni nostri e intersecata all’attuale situazione politico-economica. Il genere gangsteristico con Domink si mischia al noir e ha l’atmosfera del miglior Martin Scorsese. Freddo, brutale, che non disdegna immagini forti imbrattate di sangue e vomito ( come nel pestaggio del “povero Cristo” Markie Trattment).
Il ralenti dilata al massimo le poche ( per non dire quasi nulle) scene d’azione rimarcandone, a mio parere, l’eccellente fattura. Quello di Dominik è infatti ( e soprattutto) un film verboso, pieno di monologhi e dialoghi lunghi ma non del tutto inutili. Se non, forse, per le lunghe divagazioni di Mickey,  “collega” in crisi depressiva di Cogan.
Quella che per molti è una pellicola noiosa, a mio parere rimane una prova di regia interessante, personale e non banale. Pedante forse ( in quasi ogni scena una radio o un televisore trasmette i discorsi di Obama e McCain sulla crisi economica) ma non per questo la capacità di mantenere alta l’attenzione dello spettatore ne ha risentito.
Buona inoltre la prova degli attori. Oltre a Pitt (già Jesse James per Dominik), ruvido e glaciale al punto giusto, efficaci James Gandolfini e Ray Liotta nelle vesti del killer complessato il primo (Mickey), e in quelli del mafioso (per una volta) innocente il secondo (Trattman).
Perfettamente in parte i due rapinatori “allo sbaraglio” Scoot McNairy (Frankie) e Ben Mendelsohn (Russell).
Ottimo infine Richard Jenkins, l’autista senza nome che contatta Cogan per conto dei “capi”. Un personaggio di contorno, quasi invisibile. Un uomo sobrio, dai modi garbati  che però fa il lavoro “sporco”. Perché, come tutti gli altri personaggi, è "solo".

Guarda il trailer: http://www.youtube.com/watch?v=6CR_S-dV32c


domenica 14 ottobre 2012

L'ERA GLACIALE 4-CONTINENTI ALLA DERIVA (di S.Martino e M.Thurmeier, 2012)

 

E anche il branco più strano che si sia mai visto, composto da Sid, Manny e Diego è arrivato al quarto capitolo. La saga animata creata dagli Blue Sky Studios di Chris Wedge compie dieci anni (L’era glaciale uscì nel 2002), ma il tempo sembra non avere scalfito la simpatia del pubblico per questi buffi animali preistorici ( lo scoiattolo Scrat su tutti!).
Ciò che invece, ne L’era glaciale 4-Continenti alla deriva, risente il passare degli anni è la storia. Seppur ricco di simpatiche gag, il racconto ricalca ancora il tema principale della saga: la famiglia. Concetto profondo e non scontato ma che, arrivati al quarto episodio, avrebbe meritato una maggiore evoluzione se non un totale cambiamento.
Manny è alle prese con la sua “mammutthina” adolescente Pesca. Padre protettivo e apprensivo, controlla da vicino i movimenti della figlia. Pesca, a sua volta, vuole omologarsi ai suoi coetanei ed essere notata da Ethan, un giovane mammuth di cui si è invaghita. Ma capirà che la diversità (ha per amico la talpa Louis e si comporta da opossum, come sua madre Ellie) sarà la sua forza.
Sid ritrova la sua famiglia biologica ma verrà nuovamente abbandonato. Stavolta però con lui c’è Nonnina, anche lei piantata in asso dai parenti e che con Sid condivide pazzia e intuito.
Diego infine troverà in una tigre pirata, Shira, la sua compagna ideale.
Insomma, la famiglia in tutte le sue sfaccettature, riunite in un “branco allargato” che accetta e apprezza la diversità e che protegge i suoi membri. Ma che in fondo è rimasto la stesso del primo episodio.
Anche se l’idea di base non è cambiata, ciò che rende questo film piacevole sono ancora i personaggi e le gag. Immancabile il divertentissimo Scrat,  di nuovo un  personaggio esterno al racconto ma che rimane impresso nella mente dello spettatore per la sua goffaggine e per la sua incredibile ostinazione. A sorpresa però qui un ruolo ce l’ha: nel solito tentativo di seppellire la sua amata ghianda, causa una tale catastrofe che porterà alla deriva dei continenti. Spassosissimo infatti l’inizio del film, con lo scoiattolo che precipita rovinosamente fino al centro della terra.
Altro personaggio divertente è Nonnina. L’anziano bradipo sembra capace (come il nipote Sid) di combinare solo guai; ma l’asso nella manica, risolutivo per la battaglia finale, ce l’ha lei!
Chi invece non convince è la banda di pirati antagonisti guidata  dallo scimmione Capitan Sbudella. Tutti personaggi sopra le righe ma che non colpiscono né per cattiveria né per simpatia.
La buona azione frenetica che scandisce l’avventura dei nostri conferisce al film il giusto ritmo, smorzato solo da un siparietto canoro con protagonista Capitan Sbudella, che strizza l’occhio alla Disney ma che qui risulta quasi fuori contesto.
Non mancano le citazioni cinefile: da Pinocchio a Braveheart (simpatici i piccoli roditori guerrieri con il muso dipinto di blu alla Mel Gibson); da Titanic (riferimento palese nell’affondamento della “nave pirata”) ai Pirati dei Caraibi.
Strepitosa poi la trovata finale di “Scratlantide” (potete immaginare cosa succede!) che chiude la pellicola.
In conclusione in piccolo appunto sul doppiaggio. Leo Gullotta, voce di Manny fin da L’era glaciale, è stato qui sostituito da Filippo Timi. Personalmente ho trovato la sua interpretazione un po’ troppo sopra le righe per un personaggio (un imponente mammuth) che è sempre stato presentato come malinconico, burbero e paterno. Credo che l’associazione voce-personaggio questa volta non sia riuscita. Peccato!
Sempre perfetti invece Pino Insegno (Diego) e Claudio Bisio (Sid). Quest’ ultimo riesce a restituire al suo scatenato bradipo la stessa simpatia (e la stessa voce!) di John Leguizamo, “anima” originale di Sid.
Da segnalare anche la voce graffiante di Francesco Pannofino per Capitan Sbudella. Perfetto!