Nello
spazio non c'è nulla che trasporti il suono. Lassù, a circa 600 km
dalla Terra, il silenzio regna sovrano. E in quella quiete, sospesi,
gli astronauti Ryan Stone e Matt Kowalsky si godono un panorama
unico. E' una situazione alla quale ci si potrebbe abituare, pensa la
Dottoressa Stone, ingegnere biomedico in prestito alla NASA, con il
compito di intervenire nella manutenzione del telescopio Hubble. Ad
accompagnarla nella missione il comandante Kowalsky alla sua ultima
passeggiata spaziale. All'esterno dello Shuttle, mentre stanno per
ultimare il lavoro, una pioggia di detriti causata dalla collisione
tra un satellite e un missile, travolge i due astronauti e
danneggia gravemente lo Shuttle. L'equipaggio all'interno non
sopravvive mentre Stone e Kowalsky restano soli alla deriva, senza
poter nemmeno comunicare con la base di Houston. Ciò che segue sarà
una disperata lotta per la sopravvivenza in uno dei luoghi più
ostili che esistano.
La
miglior fantascienza anni '70 incontra lo sci-fi degli anni 2000
creando un film unico nel suo genere. Il regista messicano Alfonso
Cuarón mescola la filosofia di 2001
Odissea nello spazio
con gli scenari spettacolari di Apollo13
realizzando
una storia epica, tipicamente americana che non offre nulla di nuovo
allo spettatore se non una mise en scène per nulla scontata e super
efficace nel catturare l'attenzione.
Il
film si apre con un lunghissimo piano sequenza della durata di ben 19
minuti. Prosegue poi con scene molto lunghe, dove il montaggio è
appena percettibile. Questo permette di tenere lo spettatore
totalmente incollato allo schermo. Egli non viene distratto ma
interamente inglobato in un perpetuo movimento che gli consente di
vivere emozioni, sensazioni e respiri della protagonista femminile,
la Dottoressa Ryan Stone. Spesso sembra di essere con lei nelle tuta
da astronauta.
Molto
interessante anche il lavoro fatto sul sonoro. Nelle scene dove ci si
aspetterebbe forti e fragorose esplosioni di suoni metallici, si
viene invece colpiti da un “sonoro” silenzio, il silenzio tipico,
quasi ovattato, dello spazio. Per tutta la durata della pellicola il
regista gioca con il contrasto rumore/silenzio. La quiete prima
piacevole si trasforma in un inquietante compagno di viaggio. I suoni
terrestri (voci, musica, rumori), che prima sembravano disturbare la
vista magnifica del Pianeta Blu, diventano poi fonte di conforto per
chi, lassù, sta disperatamente cercando di tornare a casa.
Più
efficace la prima parte delle seconda (separazione sottolineata dalla
rinascita, fisica e spirituale, della protagonista - suggestiva la
scena in cui Ryan, all'interno della navetta, si rannicchia in
posizione fetale-) il film corre veloce verso il finale ( dura appena
un'ora e mezza) inciampando però un po' nel retorico. Si esagera
nell'ultima parte, inficiando la sospensione dell'incredulità dello
spettatore che fino a quel momento era totalmente coinvolto nella
vicenda. Il rischio era dietro l'angolo, ma è un peccato che si può
perdonare.
Realizzato
per l'80% in computer grafica ( quattro anni di lavorazione), il film
vede un cast di appena sei elementi (di cui tre solo voce). Nei panni
dei protagonisti George Clooney (il comandante Matt Kowalsky) e
Sandra Bullock (Dottoressa Ryan Stone). La fisicità e il look della
Bullock ricordano quelli di Ellen Ripley, protagonista della saga di
Alien
(quasi
un must per qualsiasi regista voglia approcciarsi alla fantascienza).
La tristezza dei suoi occhi (ha perso una figlia) si scontra con il
chiacchiericcio spiritoso di Kowalsky, un George Clooney sempre
efficace nell'alleggerire l'atmosfera, e qui forza motivatrice per
la Dottoressa a non mollare.
All'ultima edizione dei premi
Oscar, Gravity si è aggiudicato ben 7 statuette. Oltre alle
evidenti qualità tecniche, è stata premiata la regia di Alfonso
Cuarón. Al suo ottavo lungometraggio, il regista messicano ottiene
quel riconoscimento che forse avrebbe meritato già con I figli
degli uomini; altro
sci-fi (questa volta distopico) la cui forza non era tanto nella
tecnica ma bensì nella sceneggiatura,
firmata dallo stesso Cuarón. Una pellicola con un ritmo ben diverso
(lento e meno coinvolgente), ma che non può passare inosservata.
Lo
stesso vale per Gravity. Al
contrario di quanto pensano in molti, la fantascienza al cinema non è
ancora morta.
Guarda il trailer: http://www.youtube.com/watch?v=aMUOOC5uNUM
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