"Siamo legati ai film come ai nostri migliori sogni". Leo Longanesi

martedì 23 settembre 2014

JOBS ( di J.M. Stern, 2013)

Arrogante, egoista , anticonformista, ribelle. Ma anche visionario, genio, guru. Per chi l'ha conosciuto e per chi oggi ripete come un mantra il suo famoso discorso ai folli ("Siate affamati. Siate folli." ), Steve Jobs è stato (ed è) tutto questo.
Ed il film di Joshua Michael Stern, uscito in Italia lo scorso 14 Novembre 2013, in questo non manca l'obbiettivo.
A partire dal 1974, quando era solo un giovane hippie senza aspirazioni precise, fino al 1994, anno in cui si riappropria della sua creatura (la Apple Computer), il film ci mostra tutte le sfaccettature del visionario ribelle. Il ventenne Steve Jobs è egoista con gli amici (non divide equamente il primo denaro guadagnato grazie all'amico ingegnere-e futuro cofondatore della Apple- Steve Wozniak ), non vuole responsabilità familiari (negherà per anni una paternità) ma ha già ben chiara la sua visione, e per realizzarla non guarderà in faccia nessuno. Una volta ottenuto il successo non lo condividerà con il primo gruppo di giovani con i quali tutto era iniziato nel garage della famiglia Jobs. Continuerà a cercare nuovi collaboratori che possano dare il massimo e che, come lui,vedono il futuro. O si è con lui, o si è contro di lui. Ma così facendo arriveranno, inevitabili, frustrazioni e delusioni. “Tu sei il peggior nemico di te stesso. E di questa azienda”, gli dirà John Sculley mentre prenderà il suo posto di amministratore delegato della Apple . Eppure, quando gli verrà chiesto di tornare , Jobs ancora una volta non avrà scrupoli e, per “cambiare il mondo” , metterà nuovamente da parte chi lo aveva aiutato a partire.
In poco più di due ore di pellicola vengono condensati vent'anni della vita del genio informatico (dagli anni '70 agli anni '90, con l'unica eccezione delll'incipit dedicato al lancio dell'IPod nel 2001), senza mai approfondire alcun momento particolare. Certo, probabilmente non era facile scegliere su quale parte della vita del nostro focalizzarsi. Regista e sceneggiatore (Matt Whiteley) hanno quindi puntato sulla personalità di Jobs, ma anche in questo caso il film corre veloce verso il finale senza soffermarsi su nessun aspetto di quella personalità tanto difficile e complessa. La ferita di un figlio abbandonato -Jobs era infatti stato adottato- la sua “fame”/ fretta di successo, il suo egoismo nel lavoro e nella vita, il suo essere contro tutto e tutti si sviluppano come une mero elenco privo di approfondimenti. Lo spettatore fatica a riconoscere in quella descrizione tanto superficiale l'uomo di cui si sentirà parlare per generazioni e generazioni.
A poco è valso l'impegno di Ashton Kutcher nel calarsi nei panni del guru che camminava nel mondo a piedi scalzi. Seppure la somiglianza fisica sia indubbia, la recitazione di Kutcher è tutta improntata quasi esclusivamente sullo sguardo. Ma i suoi occhi scurissimi, spesso inquadrati in dettaglio dal regista, non bastano a restituire la complessità di uno come Steve Jobs.
Più convincenti invece e i comprimari Josh Gad ( Steve Wozniak ) e Dermot Malroney ( Mike Markkula). Nonchè le partecipazioni eccellenti di Matthew Modine ( John Sculley), J.K.Simmons (Arthur Rock ) e ( in un piccolo ruolo) di James Wood.
Un'occasione mancata dunque. Una personalità cosi unica e tanto amata meritava decisamente di più.
Ma tranquilli, perché la “fame” cinematografica per la vita di Steve Jobs non si è ancora esaurita. Si parla già di un altro biopic con protagonista l'ormai super-esperto del genere Leonardo DiCaprio. Vedremo.
Nel frattempo vi consiglio di recuperare un altro film su un “folle” che ci ha cambiato la vita:The Social Network di David Fincher, incentrato su Mark Zuckerberg e la rivoluzione Facebook.
Un'opera acuta dove, a fare la differenza, non sono gli occhi di un attore belloccio ma dialoghi serrati e pungenti.




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