Arrogante,
egoista , anticonformista, ribelle. Ma anche visionario, genio, guru.
Per chi l'ha conosciuto e per chi oggi ripete come un mantra il suo
famoso discorso ai folli ("Siate
affamati. Siate folli."
), Steve Jobs è stato (ed è) tutto questo.
Ed
il film di Joshua Michael Stern,
uscito in Italia lo scorso 14 Novembre 2013, in questo non manca
l'obbiettivo.
A
partire dal 1974, quando era solo un giovane hippie senza aspirazioni
precise, fino al 1994, anno in cui si riappropria della sua creatura
(la Apple Computer), il film ci mostra tutte le sfaccettature del
visionario ribelle. Il ventenne Steve Jobs è egoista con gli amici
(non divide equamente il primo denaro guadagnato grazie all'amico
ingegnere-e futuro cofondatore della Apple- Steve Wozniak ), non
vuole responsabilità familiari (negherà per anni una paternità) ma
ha già ben chiara la sua visione, e per realizzarla non guarderà in
faccia nessuno. Una volta ottenuto il successo non lo condividerà
con il primo gruppo di giovani con i quali tutto era iniziato nel
garage della famiglia Jobs. Continuerà a cercare nuovi collaboratori
che possano dare il massimo e che, come lui,vedono il futuro. O si è
con lui, o si è contro di lui. Ma così facendo
arriveranno, inevitabili, frustrazioni e delusioni. “Tu
sei il peggior nemico di te stesso. E di questa azienda”,
gli dirà John Sculley mentre prenderà il suo posto di
amministratore delegato della Apple . Eppure, quando gli verrà
chiesto di tornare , Jobs ancora una volta non avrà scrupoli e, per
“cambiare il mondo” , metterà nuovamente da parte chi lo aveva
aiutato a partire.
In poco
più di due ore di pellicola vengono condensati vent'anni della vita
del genio informatico (dagli anni '70 agli anni '90, con l'unica eccezione delll'incipit dedicato al lancio
dell'IPod nel 2001), senza mai approfondire alcun momento
particolare. Certo, probabilmente non era facile scegliere su quale
parte della vita del nostro focalizzarsi. Regista e sceneggiatore
(Matt Whiteley) hanno quindi puntato sulla personalità di Jobs, ma
anche in questo caso il film corre veloce verso il finale senza
soffermarsi su nessun aspetto di quella personalità tanto difficile
e complessa. La ferita di un figlio abbandonato -Jobs era infatti
stato adottato- la sua “fame”/ fretta di successo, il suo egoismo
nel lavoro e nella vita, il suo essere contro tutto e tutti si
sviluppano come une mero elenco privo di approfondimenti. Lo
spettatore fatica a riconoscere in quella descrizione tanto
superficiale l'uomo di cui si sentirà parlare per generazioni e
generazioni.
A
poco è valso l'impegno di Ashton Kutcher nel calarsi nei panni del
guru che camminava nel mondo a piedi scalzi. Seppure la somiglianza
fisica sia indubbia, la recitazione di Kutcher è tutta improntata
quasi esclusivamente sullo sguardo. Ma i suoi occhi scurissimi,
spesso inquadrati in dettaglio dal regista, non bastano a restituire
la complessità di uno come Steve Jobs.
Più
convincenti invece e i comprimari Josh Gad ( Steve
Wozniak )
e Dermot Malroney ( Mike Markkula). Nonchè le partecipazioni
eccellenti di Matthew Modine ( John Sculley), J.K.Simmons (Arthur
Rock ) e ( in un piccolo ruolo) di James Wood.
Un'occasione
mancata dunque. Una personalità cosi unica e tanto amata meritava
decisamente di più.
Ma
tranquilli, perché la “fame” cinematografica per la vita di
Steve Jobs non si è ancora esaurita. Si parla già di un altro
biopic con protagonista l'ormai super-esperto del genere Leonardo
DiCaprio. Vedremo.
Nel
frattempo vi consiglio di recuperare un altro film su un “folle”
che ci ha cambiato la vita:The
Social Network di
David Fincher, incentrato su Mark Zuckerberg e la rivoluzione
Facebook.
Un'opera
acuta dove, a fare la differenza, non sono gli occhi di un attore
belloccio ma dialoghi serrati e pungenti.
Guarda il trailer: http://www.youtube.com/watch?v=JWoP2B1sVEQ
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